L’insediamento all’estero 3°

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Titolo News

L’insediamento all’estero 3°

Spesso mi sono sentito rivolgere la domanda: “dove posso andare ad aprire una nuova azienda?”

Anche se la risposta per gli operatori del settore industriale di riferimento dovrebbe essere pronta e naturale, la domanda in realtà richiede sempre una risposta meditata dopo avere con molta attenzione seguito e analizzato le evoluzioni dei possibili mercati di sbocco.

Infatti, con l’accelerarsi dei flussi migratori degli ultimi anni, un mercato definito target, potrebbe rapidamente non esserlo più, per motivi impensabili anche dopo soli pochi mesi.

Certo è “indubbio” che un sano processo di insediamento all’estero debba partire in seguito all’analisi e ai risultati commerciali di un’area tenuta in osservazione. Una volta sicuri di essere nelle condizioni di poter ampliare le attività in quel mercato è meglio procedere con determinazione e sviluppare un dettagliato piano export corredato da un robusto business plan. Dovranno essere specificate le fasi previste nel breve/medio periodo e si procederà anche ad individuare una prima linea strategica per raggiungere gli obiettivi desiderati. Questi possono andare dall’apertura di un ufficio di rappresentanza, all’apertura di una vera e propria succursale che sarà localizzata in base agli sviluppi commerciali o produttivi del Paese.

In ultima analisi, non è importante perseguire da subito tutte le fasi quanto, invece, seguire un’integrazione incrementale del tipo bottom-up nel Paese ospitante. Durante le varie fasi di un processo si avrà l’opportunità di monitorare dall’interno il nuovo mercato per testare le ipotesi formulate nel piano export, ma anche per comprenderne le evoluzioni e di conseguenza fare le opportune modifiche.

Prendiamo ad esempio la Turchia, fino a metà 2012 era un mercato promettente, inflazione all’8%, stabilità economica, crescita e concreta possibilità di entrare in Europa. Oggi l’instabilità monetaria, le evoluzioni politiche e i successivi episodi terroristici, in soli due anni hanno fatto deviare il flusso degli investimenti provenienti da grossi player (principalmente arabi) verso nuovi mercati. Infatti, guardando ad esempio al settore dei servizi alberghieri, sono molte le catene alberghiere che dal 2015 hanno iniziato a lasciare le strutture per trasferirsi in Italia o Spagna (mercati più stabili). Molto probabilmente l’aggravarsi della situazione farà spaventare nei prossimi anni prima le aziende logistiche (più snelle) e alla fine le industrie.

Concludo dicendo che non ci si dovrebbe mai (o quasi mai) sbilanciare nel dire ad un cliente “ecco questo è proprio il mercato giusto”, casomai sarebbe prima opportuno dialogare con tutti i soggetti operativi sui mercati internazionali per condividerne i risultati e verificarne i dubbi e le motivazioni. Personalmente, dopo aver avuto un riscontro dall’interno, faccio opportune considerazioni soprattutto sul grado di stabilità e flessibilità della proprietà/dirigenza e, se ritengo che questa sia in grado di mantenere il “focus” sul progetto, investo in prima persona anche se il mercato prescelto non è tra quelli considerati prioritari.

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